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La bellezza non si somma

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La bellezza non si somma di Roberto Maggiani è un libro compatto e cristallino, nato da uno sguardo tenero e innamorato verso tutte le cose della terra e del cielo, nel cui cuore Maggiani trova la presenza divina, testimoniata soprattutto dalla Bellezza.

E, siccome, come direbbe Dante, la Bellezza si squaderna per ogni dove, ne consegue quell’attenzione (rivelatrice sia di una forma mentis di stampo scientifico che della tensione di una vivida spiritualità) nei confronti anche dei dettagli, letti come minuscole ma in sé perfette epifanie. Infatti, certe descrizioni sono così minuziose da richiamare il motto latino “ut pictura poesis”, come potrebbe dirsi a proposito di quella di una lucertola inserita nel testo “Regni”, che sembra tradurre in parole l’illustrazione di un manuale scientifico; e però, ad arginare il rischio di una caduta nel mero descrittivismo, per quanto prezioso possa apparire, è il loro valore metareale che le trasforma in simboli di una ricerca sulla provenienza e sulla destinazione, attraverso la quale misurare e spiegare la trama dei rapporti fra le creature tutte, e tra esse e la divina energia.

Al vertice della Bellezza Maggiani pone, direi biblicamente, il corpo umano. L’indugio amoroso sui dettagli (le dita dei piedi, le unghie, il bianco della pianta, le vene, le caviglie) costituisce lo strumento più adatto ad esprimere la stupefacente architettura dell’insieme. In “Ritratto” (a pagina 20) è la considerazione della perfezione a trasformare un corpo maschile (non si può, nel leggere questi versi, non pensare alla statuaria greca d’età classica e di conseguenza al Rinascimento) in un altare sul quale compiere i riti della sessualità. Lo sguardo rivolto alla nudità, simile a quello di un autore erotico come Kavafis, si trasforma in contemplazione, coincidendo esso con uno spazio sacro (appunto come un tempio) nel quale il Tutto si raccoglie e differenzia nei suoi elementi: mare, cielo, frutti, semi, a cui via via sono paragonate quelle così amate membra. Così nei versi: “Nel tuo preciso ansimare si solleva il cielo”, Maggiani canta il ritmo cosmico battuto dal cuore come anche l’estasi “divina” del piacere amoroso.

Dunque, ancora una volta, Maggiani dichiara allo stesso tempo fedeltà alla scienza ed alla poesia, al di là del pregiudizio di una loro impossibile alleanza linguistico-creativa, trovando il punto d’incontro nell’experiri, che dalle superfici delle cose risale sia alle leggi che le regolano, sia al loro intimo mistero, approdando alla totalità della Sapienza, a quell’Intelletto d’amore, che ancora una volta ci riconduce alla visione dantesca.

A testimoniare questa continuità e duplicità dell’experiri è l’abbondanza delle similitudini, le quali, pur servendo, secondo gli scopi della retorica, ad accostare fra loro somiglianze di cose lontane con effetti di dilatazione spazio-temporale, si fondano sul valore simbolico-metaforico del reale e, ancora una volta, sullo stupore che suscita la sua bellezza fino al punto di non potere essere descritta che rimandando ad altro.

Da qui si origina l’accumulo, in questi testi, delle cromie più abbaglianti e quasi mistiche dell’oro e dell’azzurro, nel tentativo di ricreare certi istanti irripetibili del giorno e della notte, ma sottilmente ombrate dal sentimento della precarietà (di certo il più congeniale alla Bellezza), che assume come emblema il mare, la cui mutevolezza acquorea e cromatica diventa la scena vasta ed aperta che accompagna il cammino umano e spirituale dell’autore.

Infatti la silloge di Maggiani, attraverso la frammentazione dei testi, ora brevi ora lunghi, mentre ricostruisce un itinerario concreto in altre terre, diventa metafora di un parallelo percorso filosofico-religioso. Dominante è il paesaggio portoghese, sebbene non sia l’unico, con i suoi porti, la musica, la natura, la storia, e, soprattutto, il respiro dell’Oceano, che, quando è in burrasca, fa risuonare nell’orecchio del lettore, in versi di grande effetto musicale, il cigolio dei cavi d’ormeggio e delle sartie, il rumore della pioggia che cade sull’acqua, la voce del vento, il ritmo della milonga.

Il viaggio, che spinge a usare tutti i sensi per esplorare e conoscere e che mai esaurisce il suo fascino e la voglia di proseguire, che, mentre accresce il sapere, espande il desiderio di ciò che non è ancora visibile o udibile, è anche, però, un’ammissione dello smacco conoscitivo dell’uomo.

Infine, Maggiani approda alla socratica conclusione di sapere di non sapere: e, tuttavia, nell’accoglimento del limite, fa di quest’ultimo la piattaforma del salto amoroso verso Dio, destinatario di uno dei testi più coinvolgenti, in cui l’autore riassume la posizione intellettuale che informa la silloge e che gli permette di considerare la poesia come uno strumento d’indagine della dimensione metafisica a partire dalle cose concrete e, nonostante la consapevolezza del rischio (noto a lui come ad ogni altro uomo) di non sapere e potere ascendere al Mistero, finendo con il misurarlo e circoscrivere in canoni troppo umani.

I versi che così recitano: “Ti cerco instancabilmente / ed è solo per la nostalgia che ho di te / che scrivo poesie” costituiscono una dichiarazione di poetica che pone al centro del desiderio conoscitivo come del gesto creativo proprio il concetto di limite, così che, come ci ha insegnato Leopardi, l’infinito si genera dal finito.

Un testo emblematico in questo senso è a pagina 35, in cui Terra e Cielo appaiono uniti dalla contemporaneità di due diversi eventi. In realtà il testo si svolge secondo una linea descrittiva attenta, come al solito, ai dettagli di una scena che appare agli occhi in un determinato luogo e in una determinata ora; ma, improvvisamente, nell’ultima strofa, dopo avere focalizzato un uomo che si immerge, nelle prime ore del mattino, nelle acque di una piscina; l’attenzione del lettore viene spostata sul lontanissimo Marte, dove, intanto, sta atterrando la sonda spaziale Curiosity.

Ora è proprio questo rapido accostamento a sottolineare il loro iscriversi nell’enigmatica estensione dello spazio e del tempo. Del resto, sostiene Maggiani, non solo è misterioso e talvolta inquietante ciò che infittisce l’enigma del distante, ma anche ciò che cade sotto i nostri sensi, tanto è vero che accanto al mondo organizzato a misura d’Uomo, senza andare lontano, esistono i “Regni” delle altre creature: quello degli uccelli, per esempio, o delle lucertole, o delle carpe, della cui visione del mondo nulla conosciamo.

Una tale lettura stratificata della realtà che dà luogo alla complessità della visione esistenziale di Roberto Maggiani, mi sembra efficacemente rappresentata dal testo “Energia-Fiamma”. Nella prima strofa un lessico prevalentemente scientifico descrive il mondo come una bolla di luce ed energia. Fin qui, appunto, giunge il processo conoscitivo linguistico-intellettuale dello scienziato, che, nel riassumere un sapere, si avvale di un’immagine tratta dalle sue osservazioni. Nella seconda strofa si fa strada il livello psichico-emotivo di chi conosce per intuizione, emozione e suggestione irrazionale: ed ecco il santone che cammina sulle braci, indifferente all’oggettività fisica del dolore. Il soggetto, infine, della terza strofa è l’energia creativa. Procedendo dal più grande al più piccolo (ma la bellezza non si somma, ricordiamolo!) l’autore si giudica come poeta, rivelando una certa scontentezza nel constatare il limite della propria poiesis, così da affermare: “Ho urgenza di penetrare il Cosmo – / ma non riesco ad andare così a fondo / (…) [parafrasando, non riesco a spingermi con le parole] / più in profondità – nei giacimenti – / non riesco proprio ad arrivare.”

Una tale dichiarazione rappresenta anche una presa di coscienza dell’impossibilità, al di là delle capacità personali, del linguaggio in sé di fronte a ciò che è incomunicabile. Al punto che il limite, piuttosto che una deficienza, appare come un segno della potenza di Dio: detto questo, è facile comprendere il poeta quando conclude che la sua poesia si origina dalla nostalgia di Dio, che è come dire dall’Essere che si sottrae alla morte, sconfiggendone lo scandalo. In questo senso Dio e poesia prima vengono accostati con una congiunzione per poi finire con l’identificarsi, per cui Dio è poesia e viceversa.

E, dunque, la vera conoscenza si colloca in un altrove a cui nessuna parola umana può giungere se non con un salto irrazionale e inspiegabile, simile a quello con cui ciascuno di noi passa dallo stato di veglia a quello del sonno: “Quando ti assopisci / c’è un momento in cui sussulti: / è breve il passo verso il mondo dei tuoi sogni – / basta un piccolo slancio – / un saltello oltre il fluire della veglia.”

 

 

www.robertomaggiani.it/la_bellezza_non_si_somma.asp

www.facebook.com/labellezzanonsisomma

 

 Roberto Maggiani - 06/03/2014 02:26:00 [ leggi altri commenti di Roberto Maggiani » ]

Ringrazio Franca per aver letto così acutamente la mia raccolta poetica e per aver espresso le sue meditazioni in modo chiaro, nelle quali ritrovo passaggi necessari alla giusta collocazione del testo nella fluidità della realtà poetica contemporanea. In particolare sottolineo: "E, dunque, la vera conoscenza si colloca in un altrove a cui nessuna parola umana può giungere se non con un salto irrazionale e inspiegabile, simile a quello con cui ciascuno di noi passa dallo stato di veglia a quello del sonno.."
Ringrazio anche i commentatori Lorenzo e Guglielmo che hanno approfittato di questo spazio per il loro scambio di meditazioni.

 Guglielmo Peralta - 04/03/2014 17:38:00 [ leggi altri commenti di Guglielmo Peralta » ]

Bene, Lorenzo. Chissà che un’altra spaghettata di pesce e ancora un bicchiere di Sauternes non ti facciano cambiare universo!

"Nessun uccello vola troppo in alto, se vola con le proprie ali".

Siamo come l’uccello di William Blake. E allora, in attesa di ali migliori, angeliche magari, a ciascuno il suo volo!

Un abbraccio

 Lorenzo Mullon - 04/03/2014 14:56:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Ho mangiato un’ottima spaghettata col pesce, mi sono bevuto un Sauternes favoloso, e mi è arrivata l’intuizione giusta per risolvere questo finto contenzioso.
Sia te, Guglielmo, sia Franca e Roberto, avete ragione.
Tutto quello che avete descritto è vero e sacrosanto. E succede realmente, nei vostri universi.
Da me no, va come vi ho detto, e lo sperimento in ogni istante.
Semplicemente siamo sintonizzati su universi differenti. E non è una battuta. Come il volatile di Blake, chi può conoscere il suo immenso mondo di delizia? Facciamocene una ragione. Universi o piani o stati mentali o dimensioni diverse, chiamiamole come vogliamo.
Baci a tutti

 Lorenzo Mullon - 04/03/2014 12:09:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Gli assoluti, per come li viviamo noi, sono il più grande trucco del dolore.
Ma non ci può essere comprensione intellettuale di questo, o ci si arriva con l’esperienza o si manca il bersaglio.
Per questo parlo di incomprensione, le parole sono del tutto inadeguate, solo la poesia si avvicina alla comprensione esistenziale, nel momento in cui si avvita in una spirale di vento e sparisce.
Un grande abbraccio

 Guglielmo Peralta - 04/03/2014 11:34:00 [ leggi altri commenti di Guglielmo Peralta » ]

Caro Lorenzo, l’ "incomprensione", che ti ostini a confermare al posto della divergenza, è solo un muro d’ombra dove è possibile intra-vedere una luce. Ed è nelle parole che tu scrivi e alle quali presto molta attenzione che cerco questa luce. Il nodo della questione è, forse, nel volto diverso che diamo alla Poesia. Per me essa è l’Assoluto che non si mostra, se non per frammenti, al poeta, come ad ogni altro artista o cultore della Bellezza. Il poeta stesso, pertanto, è un suo frammento, nel senso che ne esprime solo una piccolisssima parte, ne dà solo qualche tratto, un respiro breve, impercettibile. Se il poeta (insisto) fosse la Poesia, egli assumerebbe il suo volto e sarebbe lo splendore assoluto, la beatitudine, la Bellezza, appunto! Inoltre, non esisterebbero "cattivi" poeti se la Poesia fosse alla portata di tutti, un volto distinguibile, chiaro, nella profondità dell’anima di ognuno. La Poesia non si è esaurita nei grandi poeti, come Ungaretti e Blake, che tu citi. Né mi sembra che essi abbiano cambiato volto, che si siano trasfigurati. La Poesia ha in ogni poeta il suo sepolcro e la sua resurrezione, ma il suo tempo non ci appartiene...

Ricambio i baci con l’augurio di avere fugato qualche ombra!

 Lorenzo Mullon - 04/03/2014 09:19:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Caro il mio Guglielmo, l’incomprensione diventa un muro quando non si legge quello che scrivo.
Se dico un tutto non significa il tutto, ognuno è un tutto, come lo devo scrivere?
Già un mese fa avevo posto a questa bella combriccola una questione che è andata diserta: cosa ha trovato Ungaretti in quella trincea?
Mi chiedo se sto parlando ai padri del deserto senza padri, o a chi.
Adesso pongo la volatile vicenda di Blake, e nessuno mi fila.
Cosa hanno scoperto Ungaretti e prima Blake?
Liberarsi è possibile, qui, ora, non nell’Astruso. Però bisogna staccarsi dagli Astratti, e soprattutto dai Concreti che ci causano dolore, dolore a cui siamo immensamente affezionati, e invece la mia cara testuggine no.
Baci immensamente illuminati!

 Guglielmo Peralta - 03/03/2014 23:38:00 [ leggi altri commenti di Guglielmo Peralta » ]

Comprendere non significa essere necessariamente d’accordo. Pertanto l’ "incomprensione" reciproca qui è solo divergenza. E la divergenza è necessaria affinché ci sia il dialogo. Se, infatti, tutti pensassimo e dicessimo la medesima cosa, basterebbe uno solo a parlare, a pensare. Così se, come tu sostieni, il poeta fosse la Poesia, basterebbe un solo poeta ad esprimerla, perché altrimenti tutti gli altri poeti sarebbero ripetitivi essendo la Poesia una e una sola! La scissione o distanza tra il poeta e la Bellezza è necessaria affinché vi siano più poeti, affinché Tutto non si esaurisca in un solo uomo "estinguendo" tutti gli altri. Colmare la distanza, sanare la ferita provocata dalla perdita della Poesia/Bellezza significherebbe ricongiungersi con il Tutto, essere il Tutto, la Verità, la Vita eterna, Dio, la Morte.

 Lorenzo Mullon - 03/03/2014 22:44:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Non si tratta di diventare il Tutto, ma un Tutto. Ciò che ci impedisce di unirci alla Bellezza è una scissione che è avventuta dentro di noi. Se non riusciamo a vederla, questa scissione, non la possiamo nemmeno sanare, e rimarremo prigionieri a parlare di astrazioni. Eppure i poeti dovrebbero conoscere intimamente le proprie emozioni... William Blake non ha immaginato quell’uccello di delizia, non l’ha nemmeno visto, l’ha vissuto. Mi dispiace tanto, davvero, sembra un dialogo impossibile, non c’è un minimo di possibilità di comprendersi

 Guglielmo Peralta - 03/03/2014 22:32:00 [ leggi altri commenti di Guglielmo Peralta » ]

Non si è maestri nell’esprimere il proprio pensiero, e se lo si è, allora lo sei anche tu, al di là di essere un "fucile subacqueo"! Per quanto riguarda la "questione", io sono monoteista e non confondo la Poesia con l’onda!

 L’Arbalète - 03/03/2014 21:46:00 [ leggi altri commenti di L’Arbalète » ]

Di fatto, Maestro Guglielmo, la Poesia non è mai una sola, come un’onda non è mai la sola stessa onda. “Folle è il mare per non poter morire con una sola onda” – Edmon Jabès – Il Libro della sovversione non sospetta.

 Guglielmo Peralta - 03/03/2014 21:35:00 [ leggi altri commenti di Guglielmo Peralta » ]

Se il poeta, caro Lorenzo, fosse la Poesia, di poeti ne basterebbe uno solo. E in verità, questo poeta esiste ed è Dio che è la Poesia stessa. Per quanto riguarda il paradosso di Zenone, io identifico Achille con il poeta e la tartaruga con la Poesia. Achille è sicuro di raggiungere la tartaruga e superarla, così come tu (in quanto poeta) sei sicuro di raggiungere la Poesia e...(superarla?). Pertanto sì, la tartaruga di Achille, come la tua Gigiona, è un Tutto che lascia sempre indietro chi crede di poterla afferrare.

 Lorenzo Mullon - 03/03/2014 20:39:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Ah, perché, il poeta non è un Tutto? E cosa lo impedirebbe? E quale poeta?

Il paradosso di Achille vale solo per Achille, e infatti, a lui è dedicato. La mia magnifica tartaruga, Gigiona, finché è vissuta, in quella forma testuginosa che ho potuto apprezzare, era un Tutto molto più di Achille, almeno per come lo descrive Zenone, di cui non mi fido per niente, tra l’altro.
Come mai Gigiona era un Tutto?

 Guglielmo Peralta - 03/03/2014 16:43:00 [ leggi altri commenti di Guglielmo Peralta » ]

Riportando un concetto già espresso in un commento, dico che la Bellezza (la Poesia) non si somma, in quanto essa è la Totalità, il Tutto, l’Assoluto, l’Indefinibile, l’Infinito, l’Irraggiungibile!...
Il poeta (così il pittore, il musicista, l’artista, in genere) è come Achille, che non raggiunge la tartaruga. Fuori del paradosso, il poeta è uno degli infiniti addendi, la cui somma non dà mai il "totale", che è rappresentato dalla Poesia/Bellezza "inaddizionabile"!.

 Lorenzo Mullon - 03/03/2014 09:29:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Grazie, Guglielmo, ti darei un grande bacio, anzi, te lo schiocco pure.
Se siamo capaci di morire a noi stessi, la vita diventa Bellezza totale.
Questo è il legame tra morte e Bellezza

 Guglielmo Peralta - 02/03/2014 15:39:00 [ leggi altri commenti di Guglielmo Peralta » ]

Ammirando lo sguardo ermeneutico di Franca, che, andando in profondità e a tutto campo, getta una luce intensa e chiarificatrice sul testo di Roberto Maggiani, sposto la mia attenzione sulla questione aperta da Lorenzo Mullon e rifletto anch’io sulla Bellezza. La quale è, al tempo stesso, il canto delle sirene e il volto di Euridice: la verità, la morte, la vita eterna, l’essere. Non si può, infatti, ascoltare il canto, guardare la Bellezza e restare vivi. Non c’è, dunque, legame tra la vita (l’esistenza) e la morte (la Bellezza, la Verità, l’essere...). Se ci fosse, la vita sarebbe già morte (Bellezza...).La separazione vita/morte è esistenza. Il legame vita/morte è il puro essere, assenza di esistenza o non-essere.

 Lorenzo Mullon - 28/02/2014 19:07:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Ti ringrazio per il complimento, se riesco ancora a meravigliare qualcuno sono contento!
Non si può non parlare della morte e del dolore, se si affronta il tema della bellezza, sono intimamente connessi.
Il libro di Roberto non l’ho comperato ancora, non so se viene affrontato, ma per me questo è il cardine di quello che chiamiamo vita.
Bene, ci chiediamo come mai avvicinandoci alla bellezza proviamo paura. E come mai la bellezza tende a fuggire, come la gazzella.
Ma è chiaro, perché noi abbiamo sviluppato delle personalità separate dall’esistenza, che è tutta bellezza.
Insomma, questo della bellezza, e della gazzella, è il mito perfetto per descrivere l’avventura dell’essere umano.
Abbiamo alimentato il culto della personalità, coltivando il nostro piccolo io in tutte le salse, e ci è sfuggito completamente il senso dell’esistenza. Ci siamo chiusi in un guscio di dovere e di dolore, orgogliosi delle nostre infantili conquiste personali, solo per dimostrare di essere superiori, agli altri e, per alcuni... alla bellezza stessa. È ovvio che scappa!
E chiudendoci in questo guscio ci siamo ritrovati mortali, guarda un po’, e invece l’esistenza, alla quale apparteniamo, è infinita.
Tutto nasce da questa illusione di vita separata, da questo malinteso gigantesco, se vuoi.
Ci hanno pure dato dei nomi, per rafforzarci nella convinzione di avere un’esistenza separata, assurdo, e ancora più assurdo è che ci crediamo, ai nostri nomi. E crediamo alla nostra biografia, ai nostri titoli, assurdissimo.
Non so se sono stato del tutto chiaro, è un rivelazione per me, in qualche modo l’avevo anche letto, più o meno, sì, ma l’ho capito profondamente, esistenzialmente, da poco, da pochissimo, e sto ancora cercando delle parole per spiegarmi bene, se mai riuscirò a trovarle. Però, e non è poco, mi sento di aver risolto il grande nodo in cui sono cresciuto. Ringrazio il cielo per averlo risolto, e sono emozionato come un bambino, mi sento pieno di gioia! ! !

 Franca Alaimo - 28/02/2014 17:16:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Leggendo il commento di Lorenzo Mullon, mi rendo conto che è difficile prevedere quale messaggio arrivi al lettore, quando si pone di fronte ai testi di un libro. Così resto meravigliata dalle parole di Lorenzo, poiché non mi sembra affatto che il libro s’imperni sulla paura della morte. Il soggetto dominante è il mistero, l’impossibilità per la mente dell’uomo di tutto "cum-prhendere".
Che poi ci sia una continuità fra le dimensioni della vita e della morte, sì, è vero, almeno per chi "crede" ( ed io e Roberto crediamo in questo) religiosamente, cioè attraverso una rete di legami verso l’unità del tutto. Oppure, perdonami Lorenzo, sono io ch enon ho compreso bene il tuo punto di vista?

 Lorenzo Mullon - 28/02/2014 16:45:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Perdonami, Franca, non voglio essere invadente, ma solo, per quello che è possibile, farmi capire.
Quando dico che non è possibile creare una vita separata, intendo questo che ho appena scritto in un commento:
I funerali dovrebbero essere sempre celebrati con grandi balli, con grande gioia, finalmente si spezza l’illusione che sia possibile creare una vita separata dall’esistenza, non è una splendida occasione per festeggiare?
Fiori, fiori a volontà


 Lorenzo Mullon - 28/02/2014 14:39:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

E se la bellezza non si sommasse perché si annulla?
Sfuggente più della bellezza è solo la morte. Addirittura impossibile, la morte. Nessuno riesce a creare una vita separata, e quindi nessuno può morire. O c’è qualcuno che è riuscito a costruire una vita separata? Mi dispiace, tanta angoscia per niente. E quanto abbiamo investito sul dolore, quanto... e troppo abbiamo scritto, fino a non poterlo scindere dalla nostra personalità.
Poi, la personalità, che concetto moderno, nemmeno ce l’immaginiamo come vivevano gli antichi, gli antichi antichi, senza personalità.
Pazzesco, vero?
E cosa nasconde la bellezza, veramente non possiamo saperlo? Ne siamo certi? Abbiamo così poca fiducia nella poesia?
Lo so, prende la paura, è questo l’unico limite.
Magari nasconde l’infrangersi della personalità, su cui abbiamo tanto investito, te l’immagini? Che paura, cari moderni.
E che occasione persa.
Grazie a Franca, e a Roberto in bocca al lupo

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